Alla scoperta di Cuba . Claudia Giampietri

http://cgiampietri.wordpress.com/2010/05/12/alla-scoperta-di-cuba/

Esiste un innominabile, un dissidente cubano residente all’estero che i media controllati dal governo strategicamente ignorano. Si chiama Oswaldo Paya (http://www.oswaldopaya.org/es/) ed è conosciuto solo fuori Cuba. Paya è iniziatore del Varela Project che verso la fine degli anni 90′ si proponeva di far circolare una proposta di legge per attuare riforme democratiche a Cuba. Entro il 2002 vennero raccolte 11.000 firme. Il progetto era finanziato dagli Stati Uniti, e basava la sua legittimità sull’articolo 88 della costituzione cubana che concede ai cittadini di sottoporre proposte di legge al governo se vengono raccolte più di 10.000 adesioni in cui si specificano i nomi, gli indirizzi, i numeri di carta di identità e le firme degli aderenti (palese?).

SANTIAGO DE CUBA, UN VIAGGIO NEL PASSATO

Il mio viaggio a Cuba è cominciato a Santiago de Cuba, nella parte a sud-est dell’isola. Santiago sembra impersonificare meglio di altri posti l’anacronismo in cui vive il Paese. La città è uno dei primi insediamenti spagnoli e venne costruita da Diego Velanquez nei primi anni del 1500. Teatro della rivoluzione cubana che rovesciò il dittatore Fulgencio Batista era capitale dell’isola prima che essa venisse trasferita a l’Avana. Con quasi mezzo milione di abitanti è la seconda città in ordine di importanza.

Nonostante il numero cospicuo di persone che vi abitano, Santiago ha un numero limitato di macchine. Le case coloniali stanno lentamente ma inesorabilmente deteriorandosi e si dice che la ragione che spinge i pedoni a camminare in mezzo alla strada invece che sui marciapiedi sia proprio il timore che un balcone crolli in testa a qualcuno.

Cuba sembra un Paese fermo nel tempo: case coloniali decadenti, macchine degli anni 60′ e 70′ con colori incredibilmente sgargianti e ancora perfettamente funzionanti, un governo al potere da più di mezzo secolo. Le facce degli eroi della Rivoluzione tappezzano le strade delle città cubane, e i volti sempre giovani di Fidel e Raul fanno sospettare che i Castro abbiano fatto un patto segreto con il diavolo. Eppure i due invecchiano, eccome!

Credo che sotto molti punti di vista Cuba sia un Paese nostalgico: il governo osanna i rivoluzionari che hanno reso Cuba comunista, e la Rivoluzione e il movimento del 26 luglio non sono il passato ma è come se fossero il presente; la popolazione, d’altro canto, è scontenta della mancanza di libertà e del controllo totale che vige con il governo castrista ma è incapace di immaginare un futuro perché per troppo tempo glielo è stato impedito. Le persone si rendono conto del fallimento del modello comunista e più di un cubano rimpiange i tempi in cui si potevano comprare le auto, le case e ci si poteva muovere più liberamente.

E AVANA?

Gli “habaneros” – gli abitanti di Havana – smentiscono l’impressione di molti turisti che Cuba e i cubani siano statici, cristallizzati nel passato. In effetti, rispetto al resto dell’isola, Havana è decisamente moderna. Con tre milioni di abitanti (di cui due milioni sono poliziotti – mi disse une tassista) Avana è molto più vivace e frenetica di Santiago, una miscela di vecchio e di nuovo, di retro e moderno che la rende esplosiva.

Ad Avana sei capace di trovare gli ultimi film di Hollywood settimane prima che vengano venduti nei Blockbuster a Miami (e questo nonostante il fatto che il lettori DVD siano ufficialmente illegali), può averci il computer riparato in tempi brevissimi, ed è possibile sottoporsi gratuitamente alle operazioni di cambio di sesso. Paradossalmente, Cuba è il Paese più aperto a gay e lesbiche di tutti i Caraibi. Ma non è sempre stato così. Il governo Rivoluzionario negli anni 60′ e 70′ cercò di domare gli hippy dai capelli lunghi e di rendere “più uomini” i maricones, gli omosessuali, che nell’ideologia castrista sono considerati l’espressione dei valori decadenti della società borghese. Gli omosessuali venivano spediti nei campi di lavoro forzato chiamati eufemisticamente Unità Militari di Aiuto alla Produzione. Si trovavano nella  provincia di Camguey e il governo ci mandò anche dissidenti e appartenenti a diverse confessioni religiose. Alla fine degli anni 70′ però ci fu un cambiamento di rotta e le leggi restrittive in vigore vennero revisionate. Una dopo l’altra le leggi omofobiche furono rettificate e nel 1979 la legge che criminalizzava l’omosessualità venne abrogata.

CUBA: MUSICA E CUBANI

Dire Cuba è come dire musica. La musica è l’anima pulsante del Paese, e ad ogni ora del giorno e della sera, sia in locali pubblici che nelle piazze e lungo le strade, qualcuno suona, balla o canta. Non essendoci libertà di espressione, la musica è diventata un modo per i cubani di comunicar quello che sono e sentono. Certamente non parla di politica, ma di amore e di vita.

Se ci si siede in un bar a fumare una sigaretta e bere un caffè è molto facile intavolare conversazioni con i cubani, molto gentili e curiosi di sapere chi sei e da dove vieni, orgogliosi di balbettare qualche parola nella tua lingua e, se sei una donna, interessati a farsi portare almeno a cena. Flirtare è l’hobby nazionale e l’infedeltà coniugale lo sport. Ma se una turista importunata chiede di essere lasciata in pace, i cubani non vanno oltre una plateale dichiarazione di intenti

LA POLIZIA

Dato lo spiegamento di forze di polizia e la presenza di polizia segreta in borghese, la città, come tutta Cuba, è molto sicura. La polizia cubana è decisamente sottopagata e quindi facilmente corruttibile. Durante un viaggio in taxi di ritorno dalla spiaggia di Siboney verso Santiago, a 12 kilometri da Santiago, io mio marito e il nostro autista siamo stati fermati ben due volte: la prima volta da un poliziotto su una moto che ha chiesto al nostro tassista di togliere gasolio dal serbatoio per riempire il suo vuoto (!); la seconda, da un posto di blocco dove ci hanno chiesto i passaporti, e non avendo l’abitudine di portare il passaporto in spiaggia ci hanno spillato cinque dollari. Una cifra esorbitante se si pensa che il salario medio statale è di 350 pesos, circa 15 dollari.

CUBA, SALARI E CAMBIO

A Cuba esistono due monete: il Pesos cubano chiamato Moneda Nacional che è quello che usano i cubani e con cui ricevono i salari e le pensioni; e poi c’è il CUC, Pesos cubano convertibile, inventato appositamente per i turisti. Quello che rende Cuba incredibilmente cara (difficile mangiare con meno di 15 euro a testa) è il fatto che il cambio con altre valute non è determinato dal mercato ma dal governo. Quindi 1 CUC si compra a 0.83 US$, per l’euro il cambio è a 1.15 CUC, meno del Franco svizzero che è a 1.23 (!) – appena sotto alla sterlina – e il dollaro canadese vale molto più del dollaro statunitense. Diamo i numeri!

Gli unici posti economici per un turista che vuole pranzare sono i panini e le pizze vendute sulle strade. Nei ristoranti dove i cubani pagano con moneta nazionale (e un pasto equivale a due o tre euro), è illegale fare pagare ai turisti l’equivalente in CUC. Quindi se in moneta nazionale un piatto di pesce costa 50 Pesos, invece di pagarlo 2 CUC (25 pesos =1CUC) lo dovrebbero far pagare 50 CUC. E uno digiuna…

E ancora, con lo stipendio statale, i cubani non possono nemmeno permettersi di andare al ristorante locale dove si paga in pesos. La realtà è che nessuno vive soltanto dei salari statali. Le persone, per necessità, intraprendono altre attività da quelle legali legate al turismo a quelle sul mercato nero. Inoltre centinaia di milioni di dollari arrivano tutti i mesi dai cubani residenti all’estero.

PRIVATO VS. PUBLICO

Dal collasso dell’URSS il governo ha adottato politiche altalenanti nei confronti delle imprese private. Nei tempi di recessione economica le imprese private sono state incoraggiate, per essere poi messe sotto stretto controllo e tassate pesantemente nei momenti in cui l’economia andava meglio. Fidel Castro ha per lungo tempo pensato che il modello economico della libera impresa fosse l’ultima spiaggia, e che parallelamente ad esso nascono le diseguaglianze e la divisione in classi.

Le imprese private legali che esistono a Cuba sono legate alla ristorazione e al turismo. Tra queste rientrano le case particular, case di cittadini cubani dove vengono affittate delle stanze con bagno ai turisti. Molto economiche per chi viaggia a Cuba (altrimenti carissima). L’affitto al giorno è di 25CUC. I proprietari della casa però, devono pagare ogni mese allo Stato delle tasse esorbitanti: dai 200 ai 300 CUC al mese più una deduzione del 25-30% alla fine dell’anno, indipendentemente dal numero di turisti ospitati.

A Cuba le case e le automobili non possono essere comprate o vendute ed è per questo che le vecchie auto vengono tenute con la massima cura. Per legge non ci deve essere uno scambio di denaro tra due parti che desiderano vendere/acquistare una casa o una macchina. Però esiste un modo di cambiare casa (o macchina): scambiarla. Tuttavia, siccome la pubblicità è illegale è difficile sapere quali inquilini sono disponibili a scambiare casa/appartamento in un’altra città o provincia, e il passaparola è il mezzo più efficace per far circolare le informazioni. Il risultato di queste politiche restrittive è che molte famiglie si trovano a vivere sovraffollate nella stessa abitazione: nonni, genitori, figli con rispettivi consorti e altri figli… La privacy è un lusso e i giovani la cercano fuori dalle case, nelle strade affollate e nelle piazze la sera.

LIBERTA’ DI MOVIMENTO

Inoltre spostarsi da un città all’altra non è sempre concesso, soprattutto se si tratta della capitale. Ad Avana i controlli di identità dei residenti a Cuba sono comuni. Siccome la capitale accoglie tre milioni di persone, il governo vuole evitare ulteriore sovraffollamento e le persone che vivono nelle campagne circostanti e nelle altre città non possono trasferirsi nella capitale. La polizia controlla che i non residenti ad Avana abbiano delle ragioni più che buone per trovarsi in capitale e corrono il rischio di essere cacciate, multate o, nel caso dei recidivi, incarcerate.

LIBERTA’ DI PENSIERO

Non importa in quale parte di Cuba ti trovi, ma è raro sentire le persone parlare di politica. I cubani evitano di parlare di politica e se lo fanno hanno paura. Hanno paura di essere ascoltati dalla numerosa polizia in borghese, il cui compito è controllare le conversazioni dei cittadini e prevenire la nascita di dissenso condiviso. Sono rari i movimenti di protesta e i dissidenti politici vengono incarcerati.

Esiste un innominabile, un dissidente cubano residente all’estero che i media controllati dal governo strategicamente ignorano. Si chiama Oswaldo Paya (http://www.oswaldopaya.org/es/) ed è conosciuto solo fuori Cuba. Paya è iniziatore del Varela Project che verso la fine degli anni 90′ si proponeva di far circolare una proposta di legge per attuare riforme democratiche a Cuba. Entro il 2002 vennero raccolte 11.000 firme. Il progetto era finanziato dagli Stati Uniti, e basava la sua legittimità sull’articolo 88 della costituzione cubana che concede ai cittadini di sottoporre proposte di legge al governo se vengono raccolte più di 10.000 adesioni in cui si specificano i nomi, gli indirizzi, i numeri di carta di identità e le firme degli aderenti (palese?).

Il governo cubano condannò la petizione definendola una strategia di sovversione da parte degli Stati Uniti e priva di fondamento nella legge e costituzione cubana. Ignorandone il risultato,  l’Assemblea cubana nazionale indisse un referendum per rendere permanente la natura socialista dello stato cubano. Il governo mise sotto pressione la popolazione e, come prevedibile, arrestò molti degli aderenti al Varela Project, spingendo la popolazione a dissociarsi dall’iniziativa di Paya e votare a favore del referendum. Il 99% dei cubani votò a favore.

L’unica protesta regolare contro i Castro è quella che avviene ogni domenica ad Avana nel quartiere di Miramar, organizzata da un gruppo di donne, le damas de blanco, che sono le madri e le mogli dei dissidenti politici imprigionati a Cuba. Tuttavia, la loro aperta opposizione al governo si traduce in una breve marcia di protesta sulla Fifth Avenue, accompagnata da un coro di voci che chiedono la libertà dei detenuti.

Purtroppo nessuno di questi gruppi di dissidenti riuscirà ad essere il motore di un cambiamento di rotta a Cuba, anche perché mancano dei mezzi necessari per fare sentire la loro voce. I sindacati, che per esempio hanno giocato un ruolo decisivo nella Polonia comunista, a Cuba sono interamente controllati dallo Stato. Il governo dei Castro, inoltre, ha sempre sostenuto che l’opposizione alla Rivoluzione non nascerà a Cuba ma negli Stati Uniti, e ha seminato la paura tra la gente che la mafia cubana che germoglia in Florida potrebbe comprarsi le loro case, le loro terre e il loro futuro.

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